Il Denina Pellico Rivoira all'incontro con Paola Caccia
Nella mattinata del primo marzo presso il teatro Magda Olivero di Saluzzo alcune classi del Denina Pellico Rivoira hanno partecipato all’incontro organizzato dall’associazione “Libera” nell’ambito del Progetto Legalità “Giochiamo la nostra partita”. Ospite d’eccezione Paola Caccia, figlia di Bruno Caccia, magistrato Procuratore Capo della Repubblica di Torino ucciso dalla 'ndrangheta nel 1983. Attraverso alcuni flashback particolarmente toccanti, Paola Caccia ha tracciato un ritratto molto intimo del padre, sottolineando anche la sua profonda onestà. E' stato proprio il suo impegno instancabile contro la criminalità organizzata a decretarne la condanna a morte, avvenuta a Torino nei pressi della sua abitazione, una domenica sera del giugno 1983, mentre era a passeggio con il cane. Nonostante il mandante ed uno degli esecutori del delitto siano ora in carcere e stiano scontando l’ergastolo, Paola Caccia ha sottolineato come la vicenda non sia del tutto chiarita: “Mi piacerebbe sapere la verità, so che a Torino c’è qualcuno che sa e non ha mai parlato, non mi interessano altri processi, sono passati 40 anni, ma la verità, i miei fratelli ed io vorremmo saperla”. A presentare e moderare il dibattito Andrea Zummo, referente provinciale di Libera Torino, e Francesca Galliano, referente del presidio Libera di Saluzzo. Tante le domande e le curiosità degli studenti, che sono rimasti colpiti dalla forza di questa famiglia che porta dentro un dolore enorme: “Perdere un padre per malattia, per una disgrazia, è un conto, perderlo perchè era un uomo onesto è davvero terribile. Questo, però, è il messaggio che ci ha lasciato, il suo esempio di correttezza e rettitudine è stato ed è per noi fondamentale”.
A Bruno Caccia sono intitolati il Palazzo di Giustizia di Torino e “Cascina Caccia”, un bene a San Sebastiano da Po confiscato proprio alla famiglia Belfiore, mandante dell’omicidio, ora gestito dall’Associazione Acmos che aderisce a Libera. La mattinata si è conclusa raccontando cosa accade ad un bene confiscato, perché la criminalità organizzata non accetta che le loro proprietà siano requisite dallo Stato: le liberano con grande fatica e, quando devono lasciarle, le vandalizzano fino quasi a distruggerle. “Se vogliamo fare qualcosa di concreto possiamo frequentare questi luoghi, partecipare alle attività che organizzano, lavorare nei campi estivi, sapendo che si tratta di azioni che i criminali detestano” ha concluso Francesca Galliano.
Andrea Zummo ha infine ricordato che a giugno a Torino sarà intitolato a Bruno Caccia un Istituto Comprensivo, un altro modo efficace per non perdere la memoria di una delle oltre mille vittime innocenti delle mafie.